Durante, il barbiere (1.)
“E’ che ormai in Italia, il mondo va a catafascio”
Parole di Durante, il barbiere. Resiste con la sua piccola bottega in una parte di un quartiere operaio di Torino: Barriera di Milano.
Quasi all’incrocio con la rotonda di Corso Palermo, in case che negli anni cinquanta si sono riempite di immigrati che venivano soprattutto dalle Puglie, Calabria, Sicilia, Basilicata.
Le stesse case, rimaste degradate, sono diventate abitate dai migranti africani, marocchini, rumeni, e cinesi.
Durante è piccolo di statura, grassottello, pelato con una chioma residua ai lati. La sua schiena sì è incurvata nel corso dei lunghi passati a tagliare i capelli.
Alla sua bottega meridionali e gente di Torino si mescolano senza problemi, ciascuno col proprio dialetto. Fuori e accanto, ogni tanto si ferma un conoscente del Marocco o rumeno a salutare.
“Mi volevano comprare i muri, i cinesi. Ma io ho detto no, eppoi, dove vado, che faccio?, Mannaggia alla Madonna! ”
Dieci metri più in giù, nella stradina interna, c’è una casa con ballatoio. Ricordo una mia foto sul balcone lungo, con l’inferriata metallica, io e il mio padrino di cresima. Un piemontese simpatico, di cui ricordo solo il modo di ridere.
Dieci metri di fronte, la scuola media dove il preside fascista mi rimproverò perché portavo una maglietta rossa! E dove da piccoli, quando la scuola era in costruzione, andavamo a giocare nei sotterranei, con quell’odore forte e lungo di cemento, di segatura umida, di notti bagnate che verranno.
Ma da piccolo, non andavo da quel barbiere, ma da un altro, in Borgo Vittoria,che mi metteva su un cavalluccio per bambini, che odiavo.
(continua)
Lino Di Gianni