nella testa, l’immagine di un fiore
sfocato, incerto, senza linfa vitale
con gli occhi a cercare le zone umide,
sotto una nuvola in sosta, o con la nebbia
in testa, o tra fontane mancate
avevo pochi anni quando raccoglievo
mattine avanzate nei prati di periferia
guardavo donnine succinte nel caleidoscopio
inseguivo un pallone come se dovesse passarmi
una tosse terribile
e quel fiore, ogni anno, a scolpirsi di più
precisarne le foglie, le spine
persino gli odori cambiavano
adesso, abitato da piccoli lampi
un ricordo che cade senza volerlo
una faccia, o quel certo grido sospeso
il tempo di chiedere
indirizzi, dove le case, dove i paesi
sta cambiando
anche solo quel prezioso ritrovare
del passo verso casa
rimane un segreto tranquillo, quasi
un bacio a commiato
o di augurio, interdetto, sospirato
una farfalla appena posata
che nessuno vede
che continua nel suo
ibridare