Sarajevo
Forse che, qualcuno pensasse
è già iniziata, la caccia quest’anno?
Solo che a volare, come starne nel bosco,
era un corpo aperto, nell’attimo esatto
in cui l’anima fluì.
Forse che i Campanili, le Moschee, le Chiese Ortodosse
sapevano? Pregavano?
Qualcuno attizzava la fiamma, sosteneva l’onda,
sempre “Il Dio è con noi” degli omicidi in guerra.
Qualcuno, come il sarto del paese, ricordava il suo
preciso nemico da cercare, il vicino di casa, liquori
bevuti insieme, ora gole aperte che esce, il veleno.
Dalle fontane acqua che gorgoglia,
le ultime paure e la sete
nelle gole di vetro.
L’ombra del ponte
solo è rimasta.
Io penso al suonatore di Violoncello
disperato, senza musica, senza pace
che offrì il fianco
che cercò memoria
Suonò solo il legno
mettendosi in croce.
Non è, Mostar
Non è, camminare , e guardarsi indietro.
Non rimpianto, nostalgia, affanno.
Questo scoprirsi di gole seccate
di polvere di vetro, di guerre di lontananze.
Come se mi avessero messo a guardia
di una vecchia sedia impagliata
ne attendo il restauro, per testimoniare
un tempo di diversa consistenza
dove mani legno passione
facevano sostare
un peso
nella bellezza.
Non è, denunciare, o battersi per
Non scelta, decisione, appartenenza
Questo corpo con ossa dolenti
stretto dal corpetto di cuoio, dalle guerre per l’acqua
Come se mi avessero detto rimani
e io fossi andato a vedere oltre tutti
i deserti e le colonne d’Ercole
attendo la resa di voi guerrafondai, rimango in vita
verso che scava, fossa non riempita
Avevamo le mani strette
quando il sole ci ha riportato l’ombra
del Ponte, a Mostar.
domenica, 23 novembre 2008
mi hai riportato alla mente luoghi che ho conosciuto molte volte con mio padre, amava quei luoghi e spesso lì ci ha portato ,
dolore c’è nei tuoi versi , quasi una impotenza che ci assale
bravo davvero
chicca
grazie della lettura e del commento,e del tempo dei tuoi ricordi